L’Otto alla PARI #2 – Gli aspetti culturali e sociali del Gender Pay Gap

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Per renderlo realtà, crediamo che – tra le altre cose – sia necessario trattare di donne e lavoro, di giusta retribuzione e di buona occupazione, e soprattutto crediamo che questo debba essere un impegno concreto e continuo.

Per questo motivo, non abbiamo parlato di divario retributivo solo l’8 marzo, ma ne parleremo sempre, ogni otto del mese.

E oggi, nello specifico, la Dottoressa Irene Lovato Menin, ci racconta quali sono

GLI ASPETTI CULTURALI E SOCIALI DEL GENDER PAY GAP

“In presenza di una differenza retributiva tra donne e uomini a parità di livello di inquadramento, la mia azienda dovrebbe riequilibrare”: il 41,6% dei lavoratori dipendenti italiani si trova in disaccordo con questa affermazione.Questi sono i risultati di una recente indagine sui lavoratori italiani, da cui emerge come ben due lavoratori su cinque giustifichino le differenze salariali tra i generi.

Il gender pay gap è la differenza nella retribuzione tra uomini e donne. In Italia, ad oggi, la differenza tra il salario annuale medio percepito da donne e uomini è del 43% (rispetto a una media europea del 36,2%, dati Eurostat). Il divario retributivo complessivo è frutto di una misura complessa in cui si intersecano i diversi gap lavorativi che penalizzano la componente femminile.

Uno tra questi è il basso tasso occupazionale: in Italia, infatti, sono solo il 56,5% le donne che lavorano, il 19,5% in meno rispetto agli uomini (in Europa il 70,2%, il 10,3% in meno degli uomini).

Questo è un retaggio della cultura in cui siamo inseriti, in cui ben la metà della popolazione (49,5%) ritiene la donna come più “predisposta” occuparsi della cura dei figli, dei familiari anziani o malati, delle attività domestiche.

Questo “second shift”, un vero e proprio secondo turno di lavoro non pagato, porta a una più alta percentuale di part-time involontario o dimissioni dal lavoro ai danni delle donne.

Ma le discriminazioni di genere non riguardano solo le donne in quanto madri. Vi sono anche diversi tipi di segregazione che penalizzano il genere femminile in quanto tale.

La più conosciuta è la segregazione verticale, il cosiddetto “soffitto di cristallo”, motivo per cui le donne faticano a raggiungere i ruoli apicali. Tuttavia, una volta raggiunti continuano a percepire stipendi molto inferiori agli uomini. Ad esempio, in Veneto, le donne dirigenti prendono in media il 34,2% in meno degli uomini che ricoprono lo stesso ruolo. Vi è inoltre una forma di segregazione orizzontale, per cui vi è una diversa distribuzione di donne e uomini tra settori. Questi ultimi si concentrano nei settori STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), meglio pagati e con un più alto tasso di assorbimento occupazionale, rispetto ai settori socialmente considerati “femminili” come sanità e istruzione.

Ma non sono solo questioni di mercato a far si che i settori a prevalenza maschile siano maggiormente pagati: i lavori femminili sono pagati di meno perché, semplicemente, femminili. Negli anni ’70 negli Stati Uniti è infatti nato il movimento “Equal pay for equal value”, che chiedeva che i lavori che presentavano un uguale livello di competenze e responsabilità venissero pagati allo stesso modo. Esempi emblematici sono le igieniste dentali pagate meno dei magazzinieri, o le libraie e assistenti alla didattica meno retribuite dei custodi.

Alla base di queste discriminazioni ci sono gli stereotipi di genere, che vedono la donna come meno competente dell’uomo e come più predisposta alla cura e alla gentilezza, caratteristiche che male si sposano con una visione di leadership e di professionalità.

Questi stereotipi sono diffusi nella società e nel mondo del lavoro e guidano, più o meno consapevolmente, le nostre azioni. Ad esempio, il famoso studio di Claudia Goldin, Premio Nobel per l’Economia, ha dimostrato come le audizioni cieche nelle orchestre, ossia ascoltare i candidati suonare da dietro una tenda nera senza poterli vedere, aumentavano del 50% la possibilità per le donne di essere assunte.Divenire consapevoli, quindi, degli stereotipi intorno a noi è il primo passo per poter riflettere sulle azioni concrete da mettere in atto per avvicinarci sempre più alla parità.

Irene Lovato Menin

Università degli Studi di Padova

Ricercatrice di Istituto Veneto per il Lavoro

 

Quali sono, invece, gli aspetti economici del fenomeno del gender pay gap?

Ce ne parlerà il mese prossimo la Dottoressa Silvia Oliva

Sempre qui, sempre l’otto, sempre alla PARI.

Stay tuned!

Seguici su Facebook e Linkedin per avere informazioni sulle iniziative di Incroci di Genere.

Nel frattempo, ecco i prossimi eventi che abbiamo in programma:

Focus Group

Decostruire gli stereotipi di genere: il ruolo di psicologhe e psicologi

22 maggio, 17.00 – 19.00
Coworking Mestre

Registrati qui: https://forms.office.com/e/BHBztgjhPi

Focus Group

Il giusto valore – Incontro con Azzurra Rinaldi

29 maggio, 9.30 – 11.30
Biblioteca Comunale di Noventa di Piave

Registrati qui: https://forms.office.com/e/kdy6tLF6uX

Laboratorio

Rientro al lavoro: Gestire i nuovi equilibri

Dal 27 maggio
Online e in sede IVL

Registrati qui: https://forms.office.com/e/fPVaEDmAUg

L’Otto alla PARI #8 – Facciamo in modo che i conti tornino!

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Pratiche di linguaggio inclusivo in azienda

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Questo laboratorio formativo si propone di essere un’occasione di condivisione e confronto su come alcune stereotipi o pregiudizi possano influenzare la comunicazione aziendale e sull’importanza di un linguaggio rispettoso, libero da discriminazioni.